La scuola italiana è ormai un malato cronico, vittima di ripetuti tagli, in cui tutti coloro che hanno dato un contributo politico hanno creato disagio, malessere e soprattutto concorso a creare il più grande disastro : la totale disconnessione dalle istituzioni con cui naturalmente dovrebbe essere principale alleata (la famiglia e la società civile).
La scuola italiana ha quindi abbandonato quella vocazione di essere culla della Cultura e del Sapere, centro nevralgico della società, in cui i fanciulli imparavano a ragionare e a creare quelle connessioni logiche tra i vari saperi, che li accompagnavano in quel lento processo di trasformazione in adulti coscienti e consapevoli, e quindi in cittadini pronti a contribuire al miglioramento della società.
Si è deciso che la conoscenza fosse un concetto obsoleto e poco utile alla società moderna e si è voluto trasformarla in “competenza”, concetto più utile e servile alla società capitalistica e consumista.
Un tempo la conoscenza influenzava l’industria: essendo la conoscenza la teoria di un concetto universale, il lavoratore aveva il “potere” di plasmarla e renderla efficace in ogni abilità richiesta.
Oggi invece la “compentenza” è un prodotto del mercato, per cui è l’industria che condiziona ciò che in quel momento gli è più utile, di conseguenza lo studente sarà utile solo per quella peculiarietà, pronto a essere “rottamato” quando il mercato cambierà esigenza.
In questo modo i tempi del mercato si riverberano negativamente nei tempi del processo di apprendimento, poichè ora legati a indici di prestazione non tipici del sistema scuola e della normale crescita psicologica di un adolescente.
Questo sta creando studenti stressati e demotivati, in cui la competizione sembrerebbe unico criterio di selezione naturale, deumanizzando il processo di crescita e di sostegno e portando lo studente a divenire un “prodotto del mercato”.
Ad aggravare la situazione c’è anche il virus della “progettite”, per cui bisogna necessariamente produrre progetti per attingere a fondi che dovrebbero essere istituzionalmente concessi per la normale sopravvivenza della scuola stessa. Tanti progetti producono solo diffusa ignoranza e analfabetismo di ritorno, oltre che appesantire il naturale tempo scuola.
L’ ultimo dei disastri è la totale disconnessione con le famiglie.
La scuola ormai è privata di autorevolezza, che non si riconquista concedendo autoritarismo ai docenti, ma creando quel clima favorevole che permette agli studenti di essere affascinati dal sapere, dirottando la conoscenza verso dove la loro immaginazione e creatività porta.
Il processo educativo è sempre stato favorito dal perfetto connubio tra scuola e famiglia. Tuttavia nella società attuale spesso i genitori devono decidere tra famiglia e lavoro, quindi utilizzano la scuola come “parcheggio” fisico ed educativo dei propri figli, delegando la loro crescita psico-fisica a persone terze, spesso senza nemmeno accorgersi dei loro segnali di disagio. Gli adolescenti vegono spesso trattati come “incomodi coinquilini” dai loro genitori, che frequentemente si vestono della figura di sindacalista dei propri figli nel momento in cui qualcuno sottolinea quei segnali di disagio.
Ma una scuola così cui prodest ?
Vincenzo Di Luzio