Intervista al DEM Balassone sulle vertenze delle aree interne abruzzesi

Il sulmonese Francesco Balassone è laureando in giurisprudenza nonché segretario provinciale dei Giovani Democratici dell’Aquila. Attivo sulle aree interne abruzzesi. Il giovane DEM si rispecchia nella corrente di sinistra del partito guidato da Elly Schlein. Balassone, insieme ad altri ragazzi e ad altre ragazze, ha fondato l’associazione Studium (molto attiva in ambito culturale).

INTERVISTA SULLE AREE INTERNE ABRUZZESI SEGRETARIO DEI GIOVANI DEMOCRATICI DELLA PROVINCIA DELL’AQUILA FRANCESCO BALASSONE

Balassone, quali sono le motivazione che l’ hanno spinta ad abbracciare il Partito Democratico? Per quale ragioni ha scelto i DEM e non altri partiti della coalizione di centrosinistra?

Esistono diversi modi di fare politica. Ho scelto la via partitica perché proprio i partiti sono quelli che ci rappresentano nelle istituzioni, e sono dunque quelli più vicini alla possibilità migliorare immediatamente le condizioni materiali dei cittadini. E da qui viene una prima ragione della scelta del PD, che è l’organizzazione più strutturata di tutte in Italia (con un ulteriore vantaggio: avere una posizione “privilegiata” nella lotta per la costruzione del cosiddetto “senso comune”) La seconda, non per importanza sia chiaro, è ovviamente ideologica. Non ho mai nascosto la mia identità di sinistra. Se fossi nato negli anni ’80 la tessera nella mia tasca sarebbe stata quella del Partito Comunista. Nel PD ci sono diverse correnti di pensiero, alcune più liberali, altre che sono invece terreno fertile per ricostruire una compiuta critica alle storture, gravi, del sistema economico in cui viviamo. Sono entrato proprio per cercare di dare più forza a queste ultime.

Quanto è importante la trasparenza per Francesco Balassone? E che peso ha la trasparenza nell’agenda politica dei Giovani Democratici?

Scriveva Gianrico Carofiglio (non cito letteralmente perché non ho il libro sotto mano): “la democrazia è l’esercizio del potere per il pubblico, in pubblico”. Chi accetta di fare politica deve accettare che la sua storia deve essere messa a disposizione del pubblico e che i suoi spazi di riservatezza si assottiglino. Ogni cittadino deve essere messo a conoscenza di tutti gli elementi che concorrono a determinare le azioni di eletti e candidati e le informazioni a disposizione devono essere sufficienti a determinare il grado di coerenza tra quanto detto e tra quanto fatto da questi. Sento di poter affermare che tendenzialmente meno un rappresentante è trasparente più è probabile che intenda il potere come un fine, e non un mezzo di miglioramento della collettività. Nella nostra idea di morale politica la trasparenza è, insomma, precondizione dell’esercizio del potere. Ne facciamo, in altre parole, una “questione morale”, quella che stiamo cercando di riportare nel dibattito pubblico e che abbiamo fatto nostra bussola.

I Giovani Democratici come intendono arginare il problema della cosiddetta “Mafia dei pascoli”?

La risposta è in realtà almeno in parte legata alla precedente. La trasparenza amministrativa è uno degli strumenti più efficaci contro l’attività mafiosa, che non è più quella delle stragi e delle esecuzioni, ma quella degli appalti, della percezione dei fondi. Ma ovviamente non basta. La mafia è anche quella dei pacchetti di voti durante le elezioni. Una forza politica che voglia contrastare seriamente il fenomeno mafioso deve rifiutare categoricamente anche un solo voto che abbia questa provenienza. A tutto ciò va aggiunta l’esigenza di una campagna informativa massiccia; in generale non abbiamo una chiara conoscenza delle dimensioni e della gravità del fenomeno e di come questo rappresenti, tra le altre cose, un freno per lo sviluppo di questa regione. È chiaro che questa campagna informativa non possa svolgersi con dei post su facebook. Quelli li lasciamo fare a chi crede che la politica sia apparenza e che possa farsi solo davanti ad uno schermo, senza andare tra la gente. Queste sono persone che non hanno capito nulla di vita e di politica e che politicamente non ha alcuna consistenza. Ma questo non devo dirlo io, è fatto notorio.

Quali azioni ha intrapreso e sta intraprendendo per il Centro Abruzzo nel ruolo di Segretario dei Giovani Democratici della provincia de l’Aquila?

Nel rispondere a questa domanda devo prima necessariamente ringraziare il precedente segretario, Paolo Antonelli, il quale ha avuto una segreteria molto sfortunata a causa della congiuntura sfavorevolissima di diversi episodi che gli hanno impedito di continuare il bel lavoro che aveva iniziato. La provinciale che ho ereditato è dunque priva dei circoli territoriali delle tre principali città della provincia: L’Aquila, Avezzano, Sulmona. L’obiettivo principale è ricostituire questi tre, e stiamo lavorando verso questa direzione. Quello di Sulmona (meglio: della Valle Peligna) è appena stato ricostituito e stiamo lavorando sugli altri. Preferisco fare un lavoro più lento ma effettivo che uno più d’impatto e veloce ma solo apparente. In questo senso io e il segretario provinciale del PD, Stefano Albano, siamo sulla stessa lunghezza d’onda e ci stiamo trovando molto bene a lavorare insieme, e lui ha già dimostrato grande interesse per la giovanile, riconoscendone l’importanza per il Partito (non a caso ne è stato vice segretario nazionale qualche anno fa).

Secondo Lei, la Valle Peligna non dovrebbe economicamente “decollare” con tre rappresentanti di maggioranza in Consiglio regionale?

La politica non è mai un fatto meramente numerico. Per incidere realmente servono idee, visione d’insieme, identità politica, pensiero strategico. Soprattutto a volte può esser necessario anche alzare la voce contro il proprio schieramento, farsi sentire e far sentire le esigenze di chi si rappresenta (e magari battere qualche pugno sul tavolo, dire dei no). Vedo poco o nulla di questo in tutte e tre, ed è così che si spiega una grave marginalità politica della Valle Peligna a fronte di una consistente presenza numerica. Spero solo che nessuna delle tre, per tornare al discorso di prima, creda che il potere sia un fine e non un mezzo. A volte confesso di avere questa impressione, ma, per citare Lucio Dalla: “di tempo per cambiare ce n’è” (da “Telefonami tra vent’anni”). E se non lo faranno loro, lo faremo noi.

Per quanto riguarda la cosiddetta Legge mancia della Regione Abruzzo, Lei la abolirebbe? Cosa pensa a riguardo?

Certo che sì. Torniamo su, per incidere sul futuro servono idee, visione d’insieme, pensiero strategico. La legge mancia è la negazione di tutto questo. Qui bisogna chiarire un aspetto: nessuno sostiene che la Regione non debba finanziare le attività di comitati, associazioni culturali e sportive e altri. Qui il tema fondamentale è il metodo di scelta sui soggetti e sull’ammontare dell’erogazione. Attualmente il sistema è scriteriato, rimesso alla totale discrezionalità di chi attraverso soldi pubblici può costruire o consolidare consenso elettorale. E questo è un grave danno alla democrazia, il primo della legge mancia. Il secondo, accennato su, è il danno inflitto alle possibilità di crescita del territorio da un lato e all’erogazione di servizi, anche essenziali, dall’altro. Gli stessi soldi che vengono utilizzati per quelle che da più parti sono state definite “mance elettorali” sono soldi sottratti ad interventi mirati e studiati per il miglioramento delle nostre condizioni di vita. E questo noi Giovani Democratici lo chiamiamo furto di futuro, soprattutto a danno nostro che, in Abruzzo, vorremmo costruire le nostre vite.

Passando all’argomento “Sulmona”, quali sono secondo lei tre problemi che attanagliano la Città?

In estrema sintesi: spopolamento, lavoro, servizi. Mi limito a fare due considerazioni. La prima, che è un appello. Questi problemi sono conseguenze del concatenarsi di processi lenti e complessi. Allo stesso modo lente e complesse dovranno essere le soluzioni. Chi le intraprende deve far pace con l’idea che a raccogliere i loro frutti potrebbe non essere lui. Chi decide di limitarsi a votarle deve diffidare da chiunque ne offra di semplici e immediate. Questo qualcuno sta mentendo sapendo di mentire, e vuole il nostro voto solo per arrivare il potere e per il solo fine di esercitarlo. La seconda considerazione riguarda l’approccio alle soluzioni, oltre quello appena indicato. Nessuna soluzione proposta (ovviamente serviranno più soluzioni che interagiscano tra loro) potrà esser ritenuta valida se non andrà in direzione contraria rispetto al modello di sviluppo economico in cui viviamo adesso. È chiaro ormai che questo penalizzi le aree meno popolate, alimentandone lo spopolamento, in favore delle città, sempre più grandi e più difficilmente vivibili. Il presupposto per un’inversione di rotta passa proprio da questa presa di coscienza. Spero di non sembrare troppo saccente nel consigliare una lettura che per me è stata illuminante: “Vocabolario delle aree interne. 100 parole per l’uguaglianza dei territori”, a cura di Nicholas Tomeo, Radici Edizioni, 2024.

Infine, l’astensionismo è il primo partito e questo lo dobbiamo indubbiamente alle politiche fallimentari dei partiti politici. Perché i ragazzi e le ragazze dovrebbero avvicinarsi alla politica?

Qui vale un vecchio detto “occupati della politica perché, prima o poi, lei si occuperà di te”. Ora, in realtà, come detto, esistono diverse forme di partecipazione. Il tema infatti non è tanto quello della mancata partecipazione delle nuove generazioni alla vita politica, quanto piuttosto la diffidenza verso la vita di partito (che appunto non esaurisce il momento politico). Questo innesta un pericoloso circolo vizioso: gli artefici delle politiche fallimentari che hanno allontanato i giovani dal partito continuano a vedere garantita la loro presenza nelle istituzioni (un luogo come detto su privilegiato per cambiare la vita della collettività) alimentando ulteriore diffidenza e disaffezione dai partiti. L’appello che faccio è dunque quello di entrare in un partito per rompere questo circolo vizioso ed iniziare ad essere protagonisti veri della vita politica istituzionale. Nonostante quello che qualcuno vuol farci credere, la nostra è una generazione colta, dotata di tutti gli strumenti necessari per capire il mondo moderno e per pensare soluzioni alle sue storture. Sarebbe un incredibile spreco tenere tutto questo fuori dalle cosiddette “stanze dei bottoni”.

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